Ma i prompt non li scrive l’AI?

Ovvero: perché ho scritto un manuale sul prompting quando tantissimi mi dicono che non serva

Ogni volta che parlo con qualcuno di intelligenza artificiale, prima o poi mi arriva questa domanda:

“Ma scusa… i prompt non li scrive già l’AI? Che senso ha scrivere un manuale?”

Oppure, in una variante altrettanto frequente:

“Ma tanto ormai l’AI capisce tutto, no? Basta scriverle due parole.”

Lo dicono con convinzione, a volte con un pizzico di sarcasmo, come se occuparsi di prompt oggi fosse come imparare a usare un telecomando: inutile, superato, automatico.

Ma siamo sicuri sia così scontato? La risposta arriva dalla stessa OpenAI che proprio in questi giorni ha pubblicato la sua guida ufficiale al prompting per GPT-4.1, disponibile online come una raccolta di ricette (!!!).
Si chiama GPT-4.1 Prompting Guide (Cookbook) 🙂

Saper usare l’AI è una competenza, non un automatismo

Chi pensa che basti scrivere “dimmi come ti devo chiedere una determinata cosa” per ottenere il miglior risultato possibile, forse non ha mai provato a fare qualcosa di davvero importante con l’intelligenza artificiale.

Inoltre scrivere bene un prompt non è un vezzo da nerd: è la base per ottenere risposte utili, pertinenti, affidabili. La guida di OpenAI lo dice chiaramente: anche con i modelli più avanzati, serve imparare a dialogare bene con il sistema per guidare la generazione del contenuto.

Il Cookbook di OpenAI: un manuale per tutti

La guida rilasciata da OpenAI è divisa in esempi pratici. Si leggono come ricette da cucina 🙂 :

  • “Come far ragionare il modello passo passo”
  • “Come ottenere elenchi coerenti”
  • “Come far generare contenuti creativi seguendo certe regole”

E ogni ricetta mostra qualcosa di fondamentale:
👉 che il risultato dipende da come poni la domanda.

È esattamente quello che spiego anch’io nel mio manuale: il prompt non è un’intuizione casuale, ma una vera e propria interfaccia linguistica tra l’umano e il modello.

La verità è che più l’AI diventa potente, più è importante saperla guidare, perché è flessibile, anche troppo a volte. Senza indicazioni chiare, può divagare, saltare passaggi, o sbagliare il tono.

Chi usa l’AI per lavoro — per scrivere, progettare, vendere, studiare — lo sa bene: serve metodo. Serve tecnica. Serve pensiero.

Ed è per questo che ho scritto il mio manuale: per chi vuole capire davvero, senza fronzoli, come trasformare l’AI in uno strumento efficace e non solo in un giocattolo.

Una conferma importante

Quando ho iniziato a scrivere “Come fare domande all’AI”, l’ho fatto perché vedevo che troppe persone avevano un’idea sbagliata su cosa sia un prompt. Pensavano fosse una formalità, un input generico, quasi un gesto meccanico.

E invece no: il prompt è progettazione. È intenzione. È precisione.

Vedere i tantissimi download e confrontarmi con OpenAI, che adotta esattamente lo stesso approccio, mi dà una bella sensazione.

Principalmente perché vedo che finalmente si inizia a riconoscere che non basta fornire uno strumento potente, le persone hanno bisogno di capire meglio. Serve educazione. Serve formazione.

Pertanto, se pensavi che il prompt fosse un problema già risolto, dai un’occhiata al Cookbook di OpenAI.

E se vuoi imparare davvero a conversare con l’AI come si deve — in italiano, con esempi italiani, con casi reali — allora il mio manuale e le ricette fanno per te (usa il menù per andare alle varie sezioni di questo blog).

Non perché io sappia più degli altri, ma perché, come OpenAI, credo che oggi l’intelligenza non stia nel modello… ma nel modo in cui lo usiamo.

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