L’innovazione in Italia

Le intelligenze artificiali sono una innovazione e, come tale, sono usate per:

1) dare la colpa dei propri problemi;

2) immaginare un futuro cupo e pieno di mostri;

3) promuovere expertise esistente solo su carta;

e

4) infine, nel loro giusto modo.

È sempre stato così, in questa settimana è morto Nichi Grauso, innovatore, precursore, colui grazie alla quale l’Italia scoprì l’esistenza di un coso chiamato “internet” e giocoforza sono riaffiorati i ricordi di allora: se ne parlò subito come di una roba pericolosa e (non c’erano ancora i complotristi [errore voluto]) ad ascoltare sentire i giornalisti di allora, oggi saremmo dovuti essere degli individui abbrutiti, collegati a un PC per poter sopravvivere nei nostri bui loculi, senza alcun altro modo di comunicare tra noi.

La realtà è ovviamente diversa.

Faccio un esempio? Grazie alla mia _quarantennale_ esperienza nello scrivere software (e beh!), flulú, il sistema di l’accorciamento dei link più più più più più più smart dell’intera concorrenza mondiale, adesso è usabile anche in mandarino semplificato.

E ci sono volute solo un paio d’ore.

Come si fa? L’ho spiegato nel mio manuale

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