Più studio e applico le regole del Prompt Engineering, più mi accorgo che stiamo commettendo un errore di fondo…
…e lo dico andando contro le mie credenze, contro la mia mentalità schematica e tecnica.
L’altro giorno, alla ricerca del perfetto prompt impeccabile avevo dedicato più di un’ora per perfezionarne ogni parte: avevo seguito tutte le “regole” che ho inserito nel mio manuale, definendo il contesto, specificando l’obiettivo, fornendo esempi e invitando il modello a fare un ragionamento passo passo.
La risposta era impeccabile. Ma anche fredda, meccanica, senz’anima. Come un manuale di istruzioni.
Ma rileggendola l’ho trovata fredda e meccanica, come la pagina di un manuale d’istruzioni.
In quel momento, guardando quella risposta senz’anima ho intuito una cosa fondamentale: stiamo affrontando la questione del prompting probabilmente al contrario.
Il vero problema non è come parliamo all’IA
Tutti corrono a diventare esperti di prompt: corsi, guide, framework. Un esercizio enorme di energie per imparare a parlare ‘computerese’. Ma è davvero questo il punto?
Ho parlato con diverse persone – creativi, professionisti, studenti – che provano una frustrazione enorme con l’IA. Mi dicono: “Voglio che questo testo suoni competente ma anche empatico” oppure “Deve trasmettere fiducia, senza però sembrare una televendita”.
Tutti ovviamente usiamo una tecnica che chiamiamo “prompting” per comunicare con l’AI… ma se ci pensi quando mai “il prompting” è stato il nostro modo di comunicare?
Non credo che Anthropic, Google, openAI, xAi, ecc. abbiano mai avuto come obiettivo quello di insegnare alle macchine a capire i nostri ordini. Quella cosa esiste già e si chiama “programmazione”.
Credo che l’AI sia stata pensata per realizzare macchine che siano in grado di capirci e le nostre emozioni, le nostre esitazioni, le nostre intuizioni.
Con un amico non usi un manuale, se lo vedi confuso, semplifichi e rassicuri, se è carico, ti lasci trascinare. Non stai strutturando un prompt: ascolti, percepisci, ti adatti
Un umano capisce al volo le sfumature, per l’IA invece dobbiamo scomporre quell’intuizione in una serie di istruzioni, e quando lo facciamo impegniamo del tempo alla ricerca della perfezione. Dopo un po’ di tempo il nostro cervello si annoia e ci arrendiamo all’ultima “buona risposta”… Ma il testo generato perde tutta la magia.
Il vero salto di qualità? Riuscire a dare l’idea di quale sia la nostra intenzione indicando anche lo stato d’animo.
Come? Smettendo di tradurre noi stessi
La tecnologia per far diventare più umana la risposta del prompt esiste? Si, i modelli più avanzati sono in grado di analizzare il tono, la scelta delle parole e persino il ritmo di una richiesta per dedurre il contesto emotivo. Il problema è che, finora, abbiamo trattato questo contesto come “rumore di fondo”, un disturbo da eliminare per arrivare al comando “puro”.
Quel ‘rumore’, in realtà, è il segnale più importante.
Una richiesta che inizia con:
“Ok, sono nel caos più totale e non so da dove iniziare con questo progetto…”
Attiva una risposta completamente diversa rispetto a:
“Ho un’idea pazzesca per questo progetto e voglio esplorare tutte le strade possibili!”
L’obiettivo è lo stesso, ma l’energia è opposta, sicché anche l’aiuto fornito deve essere diverso: da chiarezza e struttura a creatività e brainstorming.
Questo è il futuro: l’intenzione che vince sull’istruzione.
Provalo adesso!
Apri il tuo chatbot preferito e non pensare al prompt perfetto, fai un respiro e scrivi, di getto, spiega a cosa stai lavorando e, soprattutto, come ti senti al riguardo.
Parla come faresti con un collega di cui ti fidi e includi il tuo stato d’animo nella richiesta:
- “Mi sento creativo ma ho le idee ancora confuse.”
- “Sono molto concentrato ma ho pochissimo tempo, quindi vado dritto al punto.”
- “Sono bloccato su questa cosa e mi servirebbe una prospettiva completamente diversa.”
E magicamente la qualità delle risposte cambierà perché avrai fornito un’informazione cruciale: non solo cosa ti serve, ma come ti serve.
Quando ho scritto il manuale l’ho fatto per farti smettere di sprecare energie per “ricordare come programmare” l’IA. Applica le tecniche, sono ancora perfettamente funzionati e utili, ma inizia anche a spiegare come ti serve la risposta. In questo modo l’energia, il tuo pensiero, la tua creatività entrano nell’interazione trasformandola in una vera collaborazione.
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