Il motore silenzioso del cambiamento

Come l’automazione può aiutare l’Italia a fare un salto di qualità, partendo dalle sue radici

Chi l’avrebbe detto dieci anni fa? Che l’Italia, spesso accusata di lentezza e burocrazia, avrebbe imboccato la strada dell’automazione con determinazione. Tutto è iniziato con il Piano Industria 4.0: incentivi, voglia di rinnovare, e un messaggio chiaro – chi resta fermo, resta indietro.

Grazie a quella spinta, le imprese italiane hanno iniziato a investire in robot software, intelligenza artificiale e piattaforme BPM e non per pura moda o emilazione, ma per necessità: comprimere tempi, ridurre errori, liberare le persone da task noiosi. E non solo le fabbriche: anche uffici, studi, ambulatori, piccole aziende.

Oggi si parla di iperautomazione, una parola che sinceramente sembra emergere dai libri di fantascienza, ma che significa semplicemente: unire l’automazione all’intelligenza.

Perchè? Perché non basta velocizzare, serve anche capire.

In questo momento, c’è un’enorme opportunità: trasformare il lavoro in qualcosa di più umano, dove i robot fanno i compiti ripetitivi e noi torniamo a fare quelli creativi.

Non è un futuro lontano. È adesso. E l’Italia può esserci. Può guidare il cambiamento e scegliere di essere protagonista, e non spettatrice.

Chiediti “cosa sto facendo io perchè ciò possa diventare una realtà”? Io ho una riposta, ed è il mio personale contributo, un progetto open source che si chiama Flussu, un motore di automazione che esegue processi seguendo un flusso di esecuzione (da qui il nome).

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